Io, Reeko, ho scoperto sua maestà Follia in uno stato di inconscienza mentale il 18-09-03 quando mentre stavo andando a fare delle fotocopie del contratto della casa dove all'epoca abitavo a Perugia insieme a degli amici per gli studi universitari, ho avuto un incidente contro una signora Rumena che stava andando molto forte e peraltro non era minimamente attenta alla guida avendo, come le perizie e le testimonianze hanno poi dimostrato, per le mani un cellulare; questa è la realtà di ciò che accadde... Ma la Follia? Come e perché è nata? Io credo che l'uomo dentro di sé nell'interazione con il dolore e le difficoltà spontaneamente ed inconsciamente, è portato a difendersi come può in base al suo istinto più impellente; Reeko ha semplicemente fatto questo: ha trovato una strada diversa per essere felice visto che quella più diretta e normale dopo le sue vicissitudini, era stata chiusa; la Follia è una ricerca di un proprio modo di concepire l'esistenza stessa la quale viene delineata e posta su quella direzione in cui sappiamo a priori che saremo più felici e pieni di noi. Questa è una parte di noi già presente ma nascosta e solamente al momento del bisogno una persona la può far nascere, sentire, capire ed usare. Reeko, il Fede evoluto, cercherà con le successive strofe di definire nel migliore dei modi "sua maestà Follia" evidenziando l'azione quotidiana che questa compie nella vita di tutti i giorni...
Adesso a distanza di più di 15 anni dal mio incidente che mi ha sì cambiato drasticamente da un punto di vista fisico per le difficoltà generate nella vita di tutti i giorni dove sono costretto a dovermi spostare per sempre su di una sedia a rotelle, dopo aver intrapreso un profondo e rivoluzionario viaggio interiore in cui ho trovato una maniera d’espressione in un equilibrio personale diverso da prima, io Martinelli Federico mi sono evoluto in differente maniera su un piano mentale rispetto a quello che ero una volta ed ho assunto le nuove vesti del Fole Reeko. Posso dire adesso di aver raggiunto una NUOVA CONSAPEVOLEZZA che mi ha fatto scoprire LA POETICA FORZA INTERIORE generato LA POETICA EVOLUZIONE in UN POETICO MODO DI VIVERE; LA FOLLE SCOPERTA DI SE' che mi ha creato una PRESA DI COSCIENZA NUOVA: adesso concepisco ogni cosa attraverso una DIVERSITA' POETICA che mi permette di seguire la DIREZIONE POESIA; questa mi sola mi guida e mi ha permesso di scoprire i MISTERI DELL'INCOSCIO attraverso uno spirito d'iniziativa che è sufficiente e completo per poter dare una completa definizione a sua signora Follia; "LA FOLLIA è L'ANDARE OLTRE LE DIFFICOLTA' CHE SI INCONTRANO NEL CAMMINO DELLA NOSTRA VITA", riuscendo a concepire ogni cosa sotto delle basi nuove di giudizio e valutazione con un'istintiva inquadratura che fin dall'inizio percepivo dentro di me, ma che è rimasta poi inviolata ed ha assunto una sempre maggiore chiarezza di significato con lo scorrere del tempo; ma come si può fare questo? Sono solo delle affascinanti parole create da Reeko in momenti difficili per le dure esperienze passate? Forse si, ma non solo; infatti esistono 3 EFFICACI STRUMENTI per azionare e mettere in moto sua “Madame Follia”nella vita di tutti i giorni: questa tecnica mentale che la genera è la
1. FANTASIA IMMERSA NELLA VITA QUOTIDIANA CHE ATTRAVERSO LA RIMA POETICA RIESCE A TRASCENDERE IL PRESENTE NELLA NOSTRA TESTA COME PER EFFETTO DI UNA SORTA DI MAGIA CREATA DALLO SPUNTO POETICO STESSO,
2. RIUSCENDO COSI' A RICREARE UN SENSO DI PERFEZIONE PROPRIA MANCANTE ESALTATA DALLA RIMA BACIATA CHE RIESCE A
3. GENERARE UN'INNOVATIVA CONCEZIONE DELL'ESSENZA 4. CHE CREA UNA NUOVA FORMA DI QUIETE INTERIORE LA QUALE GENERA UNA NUOVA FORMA DI EQUILIBRIO, UN EQUILIBRIO POETICO
5. CHE APRE LE PORTE AD UN'INNOVATIVA CONCEZIONE DELL'ESSENZA.
1. FANTASIA IMMERSA NELLA VITA QUOTIDIANA CHE ATTRAVERSO LA RIMA POETICA RIESCE A TRASCENDERE IL PRESENTE NELLA NOSTRA TESTA COME PER EFFETTO DI UNA SORTA DI MAGIA CREATA DALLO SPUNTO POETICO STESSO,
2. RIUSCENDO COSI' A RICREARE UN SENSO DI PERFEZIONE PROPRIA MANCANTE ESALTATA DALLA RIMA BACIATA CHE RIESCE A
3. GENERARE UN'INNOVATIVA CONCEZIONE DELL'ESSENZA 4. CHE CREA UNA NUOVA FORMA DI QUIETE INTERIORE LA QUALE GENERA UNA NUOVA FORMA DI EQUILIBRIO, UN EQUILIBRIO POETICO
5. CHE APRE LE PORTE AD UN'INNOVATIVA CONCEZIONE DELL'ESSENZA.
Ciò implica una concreta possibilità che esso venga scostato dal comune e che quindi si possa poi basare esclusivamente su dei propri nostri valori interiori o conoscenze generate dalla vita pratica che sono diventate fulcro di una nostra esperienza mentale nuova e in continuo maturamento o comunque la concreta evenienza che lo scorrere vitale sia valutato sotto punti di vista differenti rispetto prima e che si basino su riferimenti nuovi o comunque su punti iniziali che si scostino dai normali cardini che fino ad ora sono stati utilizzati dal uomo che si trova quotidianamente a doversi confrontare con la sua consuetudine giornaliera; da ciò ne deriva che viene a generarsi UNA FELICITA’ INCONSCIA, UNA FELICITA' INTERIORE CHE CI PORTA VERSO UN NOSTRO PERSONALE COMPLETAMENTO ULTIMO che si concretizza in un senso di completezza riuscendo a renderci l’animo esaustivo della propria essenza e spinto ad uno stato completamento nostro e completo, che in una diversa maniera difficilmente si riuscirebbe a raggiungere. La Follia è quindi un'ESPLOSIONE D'ISTANTI CHE SI PROTRAE DIVERSAMENTE IN AVANTI. Essa è quindi UNA CONDIZIONE UMANA CHE SI NASCONDE DIETRO UNA REALTA' MASCHERATA CHE CI OFFRE UNA COSCIENZA PIU' CHIARA DEL PERCORSO CHE BISOGNA INTRAPRENDERE E CHE CI FA ACCETTARE ATTRAVERSO UN PUNTO DI VISTA DIVERSO L'ORIGINE DI TUTTO. In noi la Follia esiste ed è presente come ragione che si basa su delle basi di giudizio e di assimilazione delle fonti di giudizio, del tutto nuova; il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la Follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la Follia in malattia allo scopo di eliminarla; il manicomio ha qui la sua ragion d'essere visto che i ricoverati riescono ad "ANDARE OLTRE" la normalità della visione comune percependo particolari non evidenti immediatamente all'occhio umano; perciò essi se visti e valutati “DIVERSAMENTE” dal comune aspetto diretto, vengono isolati e posti ai margini della società ad esempio rinchiudendoli in particolari istituti o centri di isolamento. La Follia quindi ci aiuta ad affrontare il nostro io tirando fuori la parte più creativa di noi stessi che può essere per sempre assimilato per poi al bisogno essere utilizzato attraverso LE VIE DELLA SCRITTURA o tutto ciò che rende possibile farli emergere dalle profondità del nostro animo; Fede nei panni di Reeko cercando di scappare dalla sua triste situazione causata dall’incidente, ebbe bisogno di seguire un’altra strada e così istintivamente si chiese: E SE LA VITA FOSSE DENTRO DI NOI? E' da qui che iniziò la sua ricerca giornaliera nei meandri più nascosti di se stesso che riuscirono a fargli vedere aspetti della vita mai considerati in passato o comunque mai percepiti prima nel proprio inconscio; dopo di ciò riuscì ad evidenziarne la loro perfezione ed importanza nell'azione giornaliera attraverso la rima poetica che riesce a creare un NUOVO ALFABETO DI VITA su cui poter fare un nuovo rifermento che sta alle basi della nostra azione quotidiana; tutto ciò portò Federico nelle vesti di Reeko, a compiere una NUOVA RICOSTRUZIONE DELLA PROPRIA VITA CHE SI BASAVA SU FATTORI DIVERSI DAL PASSATO E CHE SONO STATI IN GRADO DI CREARGLI UN EFFICACIE MEZZO DI DIFESA DALLE INSIDIE DELLA VITA VERSO IL RAGGIUNGIMENTO DEL PROPRIO MASSIMO LIVELLO DI FELICITA' CHE NON E' IN ALCUN MODO VINCOLATO DA FONTI ESTERNE VISTO CHE LE BASI SU CUI QUESTA NASCE SI INDIVIDUANO SOLAMENTE DENTRO DI LUI. Arrivò in questa maniera a costruirsi delle nuove basi su cui potersi sorreggere differentemente ma attraverso una nuova forza mai conosciuta e percepita prima che lo ha portato ad elaborare UN NUOVO ALFABETO DI VITA con cui poter comporre le proprie parentesi di vita congetturate con nella presente condizione. La Follia è il vivere sinceramente delle nostre personali e più vivide passioni esprimendole appieno dopo averle elaborate con profonda fantasia e poi espresse attraverso l’arte di scrivere. Bisogna crearci in questa maniera una sorta di “genialità d'intuizione” al fine di riflettere la stigmatizzazione sociale che consegue sulla figura di un “malato mentale” perché esprime testimonianze, immagini, film, canzoni o documenti al di fuori della norma e che desidero che il medesimo sito venga alla fine considerato tale. Se ami pazzamente la vita che però può essere causa di problemi o impedimenti vari, non è così lineare e agevole, riuscire ad attuare la Follia che permette di CAMBIARE PROSPETTIVA DI VEDUTA ed indirettamente anche LE EMOZIONI DI GIOIA E DI DOLORE da essa generate. Una persona così può ricavarsi dei PUNTI FERMI SU CUI APPOGGIARSI CHE SONO DEL TUTTO DIVERSI DAL COMUNE ma che nel particolare infondono il massimo senso di felicità e d'Amore. Ciò che più di ogni altra cosa identifica e evidenzia un Folle è la sua GENIALITA', L'AGIRE SULLA BASE PIU' ISTINTIVA DEL PROPRIO EGO. Percepirsi e percepire esprimendo questo attraverso una penna in un foglio o con uno strumento musicale, è il vero strumento che ci apre le porte ad un'altro mondo in una maniera che possa raccontarci come se sembri che sia proprio tal gesto a parlare di persona; sono tali circostanze che mostrano la parte nascosta dell'esistenza facendoci accettare LA CONSAPEVOLEZZA DELLA NUOVA CONDIZIONE; nonostante l’uso comune che tende a confonde facilmente Follia, pazzia e malattia mentale, non sono questi dei sinonimi.
ORIGINE DELLA FOLLIA
Follia viene dal latino ‘folle’ significa mantice, otre, recipiente vuoto e rimanda all’idea di una testa piena d’aria. La parola ‘pazzia’ ha invece un’origine incerta, ma probabilmente deriva dal greco ‘pathos’, che significa sofferenza e dal latino ‘patiens’ (paziente, malato), concentrando dunque il significato sull’esperienza dolorosa anziché sulle bizzarrie e le stravaganze del folle. Il termine 'follia' è oggi assolutamente in disuso nel linguaggio scientifico, che preferisce usare i termini 'malattia mentale', alludendo a qualcosa di disfunzionale, rappresentabile secondo un particolare modello scientifico, che è quello della medicina clinica.
STORIA DELL'ORIGINE DELLA PAROLA FOLLIA
Nel Medio Evo la follia venne considerata come una forma di possessione da parte di spiriti maligni:
fu così che la gestione della malattia mentale, soprattutto femminile, passò dai medici alla Chiesa, o
meglio, ai suoi esorcisti e inquisitori. Ai folli veniva vietato l’ingresso nelle chiese e le persone
indemoniate, specialmente le donne, venivano bruciate sul rogo, come streghe. I malati mentali
venivano considerati indemoniati, perché la forza malvagia, insinuandosi negli umori, contagiava il
corpo: l'uccisione con il rogo o l'impalamento permettevano di distruggere il corpo dell'indemoniato,
così che l'anima, finalmente liberata, potesse salire fino a Dio.
I malati che, come si può intuire, si comportavano in modo bizzarro, strano e spesso con modalità
aggressive (si pensi al comportamento antisociale del maniaco e dei sofferenti di disturbi di
personalità), venivano aggrediti o derisi, oppure rinchiusi in carcere. La maggior parte delle
persone detenute in prigione era in realtà affetta da gravi malattie mentali (in particolare venivano
riconosciute quelle di cui aveva parlato Galeno: letargia, disturbi della memoria, sonnolenza,
stupore, insonnia, mania, malinconia, melanconia d'amore, frenite, incubo, epilessia, spasmo). In
questi luoghi di contenzione, oltre ai malati psichici si potevano trovare mendicanti, vagabondi,
eretici, disoccupati, libertini, donne di facili costumi, ladri, criminali, alcolisti, ecc. Di fatto, in
questi 'ospizi' non veniva offerta alcuna cura, alcuna assistenza: i detenuti erano anzi picchiati o
frustati molto spesso. All’inizio del Novecento comparvero sulla scena la psicologia e la psicoanalisi, tuttavia continuava ad essere dominante la considerazione del solo aspetto organico della malattia mentale. Dato che il paziente veniva considerato irrecuperabile, in quanto condannato da un danno cerebrale, gli si precludeva qualsiasi possibilità di riabilitazione. Vennero introdotti nuovi trattamenti, come lo shock cardiazolico e l’elettroshock. Contemporaneamente, iniziavano a diffondersi le teorie psicoanalitiche ed i relativi approcci psicoterapeutici. Si deve a Sigmund Freud (1856-1939) il tentativo di affrontare in altro modo il disturbo mentale, prestando attenzione al funzionamento della psiche del paziente.
Nel 1952 furono sintetizzati i primi psicofarmaci, i neurolettici, che pur agendo solo sui sintomi
della schizofrenia, aprirono nuovi orizzonti per un nuovo approccio alla cura.
Con la successiva istituzionalizzazione rendeva, di fatto, priva di speranze la carriera del malato di
mente: al disturbo originario si aggiungeva la malattia istituzionale, che derivava dalla lunga
degenza e dalle condizioni di vita all’interno del manicomio. L’istituzione, che avrebbe dovuto
curare, finiva in realtà per peggiorare ulteriormente la situazione del malato, privandolo totalmente
delle proprie iniziative, della sua libertà e individualità, portandolo ad un completo decadimento
delle abilità sociali. Cominciò dunque a farsi strada il movimento dell’”antipsichiatria”: alla base di questo modello della malattia mentale vi era il concetto di "violenza", che il malato subiva nei suoi contatti sociali, sin dalla più tenera età. Le ‘cure’ somministrate nei manicomi del tempo (dosi elevate di psicofarmaci, medicinali di nuova invenzione ed ancora in fase di sperimentazione, elettroshock, misure costrittive) vennero considerate forme di violenza sociale su persone fragili, che avevano già dovuto subire violenze da parte della famiglia e della società per il loro mancato adeguamento al conformismo sociale. L'antipsichiatria voleva invece tutelare i diritti di queste persone e lasciarle libere di esprimersi e di reinserirsi nel tessuto sociale. I manicomi, considerati centri di potere molto rilevanti nell'equilibrio della comunità locale, oltre che campi di manovre clientelari e serbatoi di voti (grazie al clientelismo delle assunzioni di un numero spropositato di addetti) dovevano essere aboliti.
In Italia lo psichiatra Franco Basaglia (1924-1980), riteneva che una società più libera e giusta,
avrebbe fatto diminuire anche la malattia mentale. Con la legge n. 180 del 1978, nota come Legge
Basaglia, furono aboliti in Italia gli ospedali psichiatrici ed istituiti i servizi di igiene mentale, per la
cura ambulatoriale dei malati di mente. Questo fece dell'Italia un paese pioniere nel riconoscere i
diritti del malato.
Follia viene dal latino ‘folle’ significa mantice, otre, recipiente vuoto e rimanda all’idea di una testa piena d’aria. La parola ‘pazzia’ ha invece un’origine incerta, ma probabilmente deriva dal greco ‘pathos’, che significa sofferenza e dal latino ‘patiens’ (paziente, malato), concentrando dunque il significato sull’esperienza dolorosa anziché sulle bizzarrie e le stravaganze del folle. Il termine 'follia' è oggi assolutamente in disuso nel linguaggio scientifico, che preferisce usare i termini 'malattia mentale', alludendo a qualcosa di disfunzionale, rappresentabile secondo un particolare modello scientifico, che è quello della medicina clinica.
STORIA DELL'ORIGINE DELLA PAROLA FOLLIA
Nel Medio Evo la follia venne considerata come una forma di possessione da parte di spiriti maligni:
fu così che la gestione della malattia mentale, soprattutto femminile, passò dai medici alla Chiesa, o
meglio, ai suoi esorcisti e inquisitori. Ai folli veniva vietato l’ingresso nelle chiese e le persone
indemoniate, specialmente le donne, venivano bruciate sul rogo, come streghe. I malati mentali
venivano considerati indemoniati, perché la forza malvagia, insinuandosi negli umori, contagiava il
corpo: l'uccisione con il rogo o l'impalamento permettevano di distruggere il corpo dell'indemoniato,
così che l'anima, finalmente liberata, potesse salire fino a Dio.
I malati che, come si può intuire, si comportavano in modo bizzarro, strano e spesso con modalità
aggressive (si pensi al comportamento antisociale del maniaco e dei sofferenti di disturbi di
personalità), venivano aggrediti o derisi, oppure rinchiusi in carcere. La maggior parte delle
persone detenute in prigione era in realtà affetta da gravi malattie mentali (in particolare venivano
riconosciute quelle di cui aveva parlato Galeno: letargia, disturbi della memoria, sonnolenza,
stupore, insonnia, mania, malinconia, melanconia d'amore, frenite, incubo, epilessia, spasmo). In
questi luoghi di contenzione, oltre ai malati psichici si potevano trovare mendicanti, vagabondi,
eretici, disoccupati, libertini, donne di facili costumi, ladri, criminali, alcolisti, ecc. Di fatto, in
questi 'ospizi' non veniva offerta alcuna cura, alcuna assistenza: i detenuti erano anzi picchiati o
frustati molto spesso. All’inizio del Novecento comparvero sulla scena la psicologia e la psicoanalisi, tuttavia continuava ad essere dominante la considerazione del solo aspetto organico della malattia mentale. Dato che il paziente veniva considerato irrecuperabile, in quanto condannato da un danno cerebrale, gli si precludeva qualsiasi possibilità di riabilitazione. Vennero introdotti nuovi trattamenti, come lo shock cardiazolico e l’elettroshock. Contemporaneamente, iniziavano a diffondersi le teorie psicoanalitiche ed i relativi approcci psicoterapeutici. Si deve a Sigmund Freud (1856-1939) il tentativo di affrontare in altro modo il disturbo mentale, prestando attenzione al funzionamento della psiche del paziente.
Nel 1952 furono sintetizzati i primi psicofarmaci, i neurolettici, che pur agendo solo sui sintomi
della schizofrenia, aprirono nuovi orizzonti per un nuovo approccio alla cura.
Con la successiva istituzionalizzazione rendeva, di fatto, priva di speranze la carriera del malato di
mente: al disturbo originario si aggiungeva la malattia istituzionale, che derivava dalla lunga
degenza e dalle condizioni di vita all’interno del manicomio. L’istituzione, che avrebbe dovuto
curare, finiva in realtà per peggiorare ulteriormente la situazione del malato, privandolo totalmente
delle proprie iniziative, della sua libertà e individualità, portandolo ad un completo decadimento
delle abilità sociali. Cominciò dunque a farsi strada il movimento dell’”antipsichiatria”: alla base di questo modello della malattia mentale vi era il concetto di "violenza", che il malato subiva nei suoi contatti sociali, sin dalla più tenera età. Le ‘cure’ somministrate nei manicomi del tempo (dosi elevate di psicofarmaci, medicinali di nuova invenzione ed ancora in fase di sperimentazione, elettroshock, misure costrittive) vennero considerate forme di violenza sociale su persone fragili, che avevano già dovuto subire violenze da parte della famiglia e della società per il loro mancato adeguamento al conformismo sociale. L'antipsichiatria voleva invece tutelare i diritti di queste persone e lasciarle libere di esprimersi e di reinserirsi nel tessuto sociale. I manicomi, considerati centri di potere molto rilevanti nell'equilibrio della comunità locale, oltre che campi di manovre clientelari e serbatoi di voti (grazie al clientelismo delle assunzioni di un numero spropositato di addetti) dovevano essere aboliti.
In Italia lo psichiatra Franco Basaglia (1924-1980), riteneva che una società più libera e giusta,
avrebbe fatto diminuire anche la malattia mentale. Con la legge n. 180 del 1978, nota come Legge
Basaglia, furono aboliti in Italia gli ospedali psichiatrici ed istituiti i servizi di igiene mentale, per la
cura ambulatoriale dei malati di mente. Questo fece dell'Italia un paese pioniere nel riconoscere i
diritti del malato.
-FINIRE: CONTINUA!!!-
TORNA AL MENU' DEL BLOG
VAI AL SITO WEB
Nessun commento:
Posta un commento